martedì 13 luglio 2010

Il PD e i ricorsi elettorali piemontesi

Riporto la lettera del Segretario Regionale Gianfranco Morgando in merito ai ricorsi elettorali riguardanti la Regione Piemonte

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In vista dell’udienza del Tar in programma giovedì 15 luglio, il Segretario del PD del Piemonte Gianfranco MORGANDO ha inviato la seguente lettera ai Segretari Provinciali e ai Coordinatori di Circolo del PD.

L’imminente udienza del Tar del Piemonte, che giudicherà sui ricorsi elettorali presentati da alcune liste della coalizione che sosteneva Mercedes Bresso, mi suggerisce di riassumere le posizioni tenute in queste settimane dal nostro partito, che ho espresso in numerose dichiarazioni che hanno avuto ampio riscontro sugli organi di informazione. Lo scopo di questa mia nota è quello di assicurare uniformità e coerenza nei commenti che molti di noi saranno chiamati ad esprimere nei prossimi giorni, nonché per chiarire a quadri e militanti il pensiero del PD sulla vicenda.

Il PD considera legittimi e fondati i ricorsi presentati, che null’altro richiedono se non il rispetto rigoroso delle normative vigenti in materia elettorale e, quindi, la verifica di comportamenti irregolari posti in essere dai nostri avversari. Abbiamo manifestato la nostra piena solidarietà ai partiti che li hanno sottoscritti e ci attendiamo un esito positivo.

Il PD non ha ritenuto di dover procedere con un ricorso ad adiuvandum (peraltro processualmente di scarsa rilevanza) per rispetto nei confronti dell’autonomia della magistratura che deve poter valutare e decidere serenamente e senza condizionamenti politici. Anche per questo non abbiamo voluto organizzare contro-fiaccolate, presidi o altre iniziative in polemica con quelle promosse dalla destra. Tuttavia vogliamo che sia chiara la nostra opinione: ci sono numerosi e circostanziati elementi che ci portano a ritenere che il risultato delle elezioni regionali sia stato il frutto di una truffa. Non si possono definire diversamente le firme false di accettazione delle candidature e le autenticazioni fasulle della lista ‘Pensionati per Cota’. In queste condizioni, vista l’esigua differenza di voti, il risultato è chiaramente illegittimo.

Le obiezioni giuridiche sostenute dai legali di Roberto Cota, che insistono principalmente sulla ‘tardività’ dei ricorsi (ovvero che non fossero stati impugnati immediatamente i provvedimenti di ammissione delle liste), sono da ritenersi deboli e infondate. I ricorsi, infatti, sono tempestivi in quanto, come già precisato dall’adunanza plenaria del Consiglio di Stato nell’anno 2005, il solo atto che definisce il procedimento elettorale risulta essere quello di proclamazione degli eletti: questo è l’unico atto avente valenza esterna e, perciò, impugnabile.

Probabilmente proprio per coprire l’inconsistenza delle motivazioni giuridiche Cota e gli esponenti di Lega e PdL hanno scelto una strategia tesa ad alimentare una polemica continua, arrivando a parlare di “golpe giudiziari” e ad ipotizzare “manovre politiche” dietro ai ricorsi, il tutto con l’evidente obiettivo di far crescere la tensione intorno al Tar e condizionarne l’operato attraverso un clima di intimidazione.
Roberto Cota pare non ricordarsi affatto di quanto avvenuto nel 2001 in Molise quando il Tar annullò le elezioni regionali: gli esponenti locali del centrodestra urlavano “giù le mani dai giudici!” e accusavano il centrosinistra di voler “delegittimare la giustizia o peggio di intimidire i giudici”.
Roberto Cota, anziché invocare il rispetto delle regole come in Molise, ha preferito appellarsi alla “volontà popolare”. Come Partito Democratico riteniamo che la volontà dell’elettore debba essere sempre rispettata, ma questa non prescinde certo dalle regole. Infatti, la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme stabilite dalla Costituzione e dalle leggi. La legalità è la forma più alta di rispetto della volontà popolare e solo una volontà popolare trasparente e legittima è indiscutibile.

Siamo perfettamente consapevoli del fatto che un eventuale ritorno alle urne comporterebbe dei costi per i cittadini, ma se ciò dovesse avvenire la responsabilità non sarebbe certo del centrosinistra ma di chi, ponendo in essere comportamenti truffaldini, ha falsato la competizione elettorale. Siamo anche consapevoli del fatto che di fronte ai problemi della nostra Regione, a cominciare dalla crisi economica, sarebbe grave il protrarsi nel tempo di una situazione di incertezza, che danneggerebbe sia chi attualmente governa sia chi è all’opposizione. Abbiamo indubbiamente bisogno di chiarezza, di decisioni rapide e di un governo regionale pienamente legittimato. Ma tale incertezza non è addebitabile al centrosinistra, bensì a chi pur di vincere le elezioni ha accettato l’alleanza con liste “patacca” e con esponenti politici che già nel passato erano stati indagati per falsificazione delle firme.



Credo che la vicenda piemontese debba essere letta e giudicata come un capitolo di una storia ben più ampia che riguarda l’intera nostra democrazia. Le vicende degli ultimi mesi confermano che in Italia è tornata ad aprirsi una gravissima “questione morale” nel campo della destra: una destra che dimostra di non possedere tra i propri valori fondanti quelli della legalità e del rispetto delle regole democratiche.
A sostenere tale tesi non è solamente il PD, ma autorevoli esponenti del partito del Premier. Italo Bocchino, per esempio, qualche giorno fa ha dichiarato che la ‘difesa della legalità’ è un argomento che all’interno del PdL “appare oggi poco sensibile”.
Abbiamo assistito alle dimissioni di due Ministri (Scajola e Brancher), al continuo scoppio di scandali giudiziari, alle recenti indagini che coinvolgono il Coordinatore del PdL Denis Verdini. Vediamo ricomparire nomi di persone legate ad alcune delle vicende più torbide della storia repubblicana. Le cronache giudiziarie ipotizzano manovre volte a condizionare l’operato dei giudici di ogni ordine e grado. In Piemonte la Giunta di centrodestra della Provincia di Vercelli si è dimessa in seguito all’arresto del Presidente Renzo Masoero per reati di concussione, mentre l’ex capogruppo di Forza Italia Angelo Burzi, oggi consigliere regionale PdL, è sotto processo per una vicenda relativa ad appalti in ambito sanitario.

Consapevoli della fondatezza delle nostre argomentazioni, attendiamo con piena fiducia, serenità e rispetto le decisioni della magistratura.


Gianfranco MORGANDO
Segretario regionale PD Piemonte

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Fabio Lamon


Segretario del Circolo del PD di La Cassa

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